Me lo hanno chiesto in tanti, anche solo per curiosità e, ogni volta, la mia risposta è stata la stessa: si inizia e basta.
Non c’è una regola, non ci si prepara a farlo, non c’è un momento migliore o peggiore della giornata, della settimana per farlo. Hai una storia dentro e desideri raccontarla. E la forza di quella storia è tale e tanta che ti capita (perché capita) di puntare la sveglia mezzora prima, perché sai che altrimenti, quel giorno, non potrai dedicare tempo ai tuoi personaggi. Ecco, perché poi succede anche questo: ti affezioni a quei personaggi che hai creato e stare lontana da loro ti fa soffrire. Sembra folle? No, non lo è ma la gioia che tutto questo può portare è molto più che folle: è una vera rivoluzione.
È vero, io ero avvantaggiata dal mio lavoro, scrivere non mi è mai pesato, al liceo non mi bastavano mai le tre ore destinate al compito in classe di italiano. Ero un fiume di parole e quando sentivo l’onda arrivare dovevo scrivere fino all’ultimo mio pensiero. Anche il racconto di giornalista non è mai stato difficile per me, soprattutto quando consiste nel raccontare le persone che intervisto, perché raccontare le persone mi è sempre piaciuto. Ma un romanzo è tutta un’altra cosa. Non ci sono linee editoriali da seguire o un numero di battute da rispettare: c’è una storia da raccontare, con semplicità e coerenza, ci sono i tuoi sentimenti da dosare, c’è l’ultimo difficile punto da digitare. E, poi, c’è un’altra storia da raccontare.
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