Un tempo piccolo di Michela Morutto

Sono una (ex) caregiver, ho “conosciuto” Michela Morutto su Facebook. Non sono amante del virtuale, ma avendo un profilo social mi sono detta: “Ma si, curiosiamo!”.

Navigando, e cercando di seguire le giuste rotte, mi sono imbattuta nella storia di Michela. Mi è sembrata subito diversa da tutte le altre. Il signor Facebook è molto democratico, ognuno è libero di pubblicare, di tutto e di più… e troppo! Così ti imbatti in post di caregiver che vogliono farci credere che, anche se il loro caro è affetto da Alzheimer, la vita è comunque tutta cuoricini e sorrisi. E poi c’è lei, Michela, che ti dice la verità! Seguita da molti, le ho inviato un messaggio privato, consapevole che probabilmente non lo avrebbe letto e che, quindi, non avrebbe risposto. Invece c’è stato un piccolo confronto tra noi.

Dopo qualche tempo ho saputo che una giornalista, Serenella Antoniazzi, aveva scritto un libro sulla sua storia dal titolo: “Un tempo piccolo”. Ho apprezzato il fatto che Michela non ne avesse fatto cenno e, per questo, ho deciso di acquistarlo e, soprattutto, di leggerlo.

Sono una caregiver, anch’io ho un piccolo progetto editoriale in uscita, ma leggere il dolore degli altri non è semplice. E invece, già dalle prime pagine del libro di Michela, capisci che la sotria raccontata catturerà la tua attenzione. Sicuramente grazie anche allo stile dell’autrice. Non è facile catturare e trasmettere lo stato d’animo di noi caregiver, soprattutto quando si parla di Alzheimer. Con un messaggio privato mi complimento con l’autrice – da lettrice appassionata quando un libro mi colpisce cerco di contattare l’autore – che ammette che scriverlo non sia stato facile, dato che anche lei sta vivendo una situazione simile, ma vivere questo tsunami e riuscire a trasmetterlo agli altri, beh, è tutta un’altra cosa!

Approcciandosi a “Un tempo piccolo” sottotitolo “Continuare a essere famiglia con l’Alzheimer precoce”, il lettore si aspetterà che si parli esclusivamente di malattia. E in vece no, si parla di famiglia, anzi di vite. Del percorso di vita di una ragazza prima di incontrare il ragazzo di cui si innamorerà. Un amore ricambiato ma non semplice. Si parla di quotidianità, di progetti di coppia, di famiglia. Si parla di Alzheimer precoce che sconvolge tutto questo. Sono una ex caregiver, la mia famiglia è composta da quattro persone e una delle cose che mi ha insegnato (sì, avete letto bene) l’Alzheimer è che il detto “se fossi nei tuoi panni” non ha alcun senso perché il vestito è uno, l’Alzheimer, ma ognuno di noi ha un fisico diverso e vive la situazione in maniera diversa. I miei figli sono grandi, hanno vissuto la malattia di una nonna. I figli di Michela sono dovuti diventare grandi, hanno vissuto la malattia di un padre che si è ammalato a 43 anni. “Un tempo piccolo. Continuare a essere famiglia con l’Alzheimer precoce”. Cosa aggiungere altro?! Noi caregiver… siamo forti ma non lo sappiamo!

A cura di Paola Gallese

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