Oggi facciamo due chiacchiere con Mila Cantagallo, volto noto al grande pubblico. Affermata giornalista di Rete 8, emittente tra le più importanti del panorama regionale. Esperta di calcio e da sempre attenta alla sfera dei minori, tanto da essere conduttrice, tra le altre, di una trasmissione dedicata ai ragazzi.
Quanto è importante per una giornalista il rapporto diretto con il pubblico, stare sul campo?
È fondamentale. Raccontare la gente è vivere tra la gente, non ci si può sottrarre. Nel caso dello sport c’è anche la componente ludica. Lavoro guardando uno spettacolo di potenza interpretata da uomini, donne, con la forza di volontà e dei muscoli. Attorno, i sostenitori che esprimono le loro sensazioni, si emozionano, si aggregano (quando il tifo è sano) nel nome dell’atleta o della squadra del cuore. È uno spaccato di vita avvincente.
Fare due chiacchiere con Mila Cantagallo e non parlare di calcio, o comunque del tuo ruolo di giornalista, è praticamente impossibile, ma oggi passiamo la palla ad un altro settore: la scuola. Forse non tutti sanno che il tuo rapporto con i ragazzi nasce a scuola. Com’è andato il tuo primo giorno di scuola?
Difficile descrivere il primo giorno di scuola. Scenario insolito con le classi ampliate, i banchi distanti, ambienti asettici, gli studenti lontani l’uno dall’altro. Guardarci tutti da dietro le mascherine è stato inizialmente un pugno allo stomaco, ho letto tante cose in quegli sguardi. L’insegnante diventa spesso una figura materna che, oltre ad impartire lezioni, dialoga con gli studenti, scruta quotidianamente le loro espressioni per percepirne gli umori e la predisposizione all’apprendimento. Le mascherine appaiono come una barriera che limita la comunicazione e l’intesa. È stata questa l’impressione dell’impatto, poi ho avvertito la positività generale dei ragazzi verso il ritorno in classe ed anche il piacere di rivedere i docenti che con la DAD erano diventati figure distanti, a volte noiose.
A marzo 2020 l’Italia, un po’ alla volta, un settore dopo l’altro, si è fermata, bloccata, iniziando dalla scuola. Quale è stato il tuo primo pensiero?
Il mio primo pensiero è stato negativo, una sensazione di privazione della libertà impensabile oggi in una società civile. Man mano mi sono resa conto che è stata una prova “forte” per tutti gli italiani. Ci sono famiglie che si sono ricompattate riscoprendo il sapore della convivenza vera, intensa. Quella dei pranzi e delle cene tutti insieme attorno a un tavolo, dei discorsi in famiglia, dei papà che giocano con i figli. Per alcuni, ritrovarsi insieme così a lungo è stato motivo di insopportabilità e l’arrivo al capolinea di legami già compromessi. Per i single si è trattato di un test di equilibrio per capire quanto si è capaci di vivere in modo sano e senza drammi la propria solitudine. Nel caso della scuola, come si è ampiamente detto, la didattica a distanza ha mostrato tutti i suoi limiti, ma credo che il “sistema” scolastico abbia imparato ad essere più snello scoprendo collegi, consigli, riunioni, corsi in videochiamata che, mi auguro, continuino ad esistere in futuro, semplificando le vite di tutti gli attori di questo mondo ed evitando contatti fisici non necessari.
A giugno la chiusura dell’anno scolastico ha lasciato l’amaro in bocca. Come hai salutato i tuoi ragazzi?
Li ho salutati con un senso di sollievo perché la fase del guardarsi attraverso uno schermo era finita e, con essa, le criticità della DAD, la noia di studenti che iniziavano a defilarsi dalle lezioni con scuse varie, le incertezze ricorrenti nelle domande sul futuro che i ragazzi mi ponevamo ed alle quali stentavo a trovare risposte. Mi sono però congedata dai ragazzi con ottimismo, dicendo loro che, dopo il sacrificio del lockdown, stavamo riappropriandoci delle nostre vite con un nuovo senso di responsabilità e le cose potevano solo migliorare.
Si parla tanto di norme, regolamenti, distanziamenti sociale ma solo voi insegnanti conoscete il “dietro le quinte”. Voi, veri protagonisti che al suono della campanella siete dovuti andare in scena con o senza “gobbo”. Con quali timori, speranze e certezze?
Noi siamo tornati “in campo” privilegiando il senso del dovere e l’amore per il nostro lavoro. Siamo in una fase in cui i rischi non sono purtroppo finiti e l’aumento continuo di casi di Covid -19 nelle scuole ne è un chiaro esempio. Noi docenti Dobbiamo agire con molta cautela, i timori che inevitabilmente abbiamo non devono prevalere sull’essenza del nostro lavoro, dobbiamo essere “dispensatori “ di conoscenze ancora più energicamente di prima, per evitare che l’emergenza che ci ha travolti incida negativamente sulla preparazione dei nostri studenti. In questa fase si rafforza anche il nostro ruolo di educatori verso alunni disorientati dalle incertezze del momento. Dobbiamo trasmettere positività e, in supporto alle famiglie, guidare i ragazzi attraverso comportamenti sani e civili.
Come insegnante dovrai gestire le tue emozioni, ma sei sicuramente consapevole che sul corpo docenti, quest’anno, oltre a gravare la crescita di molti soggetti, graveranno anche le paure, le ansie, le incertezze dei ragazzi ma, soprattutto dei genitori. Siete pronti? Come vi siete preparati ad affrontare la situazione?
Siamo pronti, noi abbiamo fatto e stiamo facendo tutto il possibile. Nel caso della mia scuola sono stati abbattuti muri per creare aule più grandi, rispettiamo attentamente il protocollo sanitario e vegliamo continuamente sui comportamenti delle classi. Abbiamo seguito corsi specifici e trasmesso le nuove regole agli studenti. In campo, per continuare a usare i termini calcistici che mi sono cari, vedo squadre compatte di dirigenti, docenti, personale ATA lavorare d’intesa verso un’unica direzione. Esserci tutti formati in poco tempo per affrontare questa inattesa realtà ed essere già abituati ad applicare le regole quotidianamente le regole come se avessimo vissuto da sempre questa situazione è già un risultato importante.
È stato un piacere fare due chiacchiere con te, Mila, ma nel salutare i tuoi ammiratori, con la professionalità che ti accompagna in ogni “campo”, quale consiglio ti senti di dare ai ragazzi, ai genitori e, perché no, a chi sta salvaguardando la nostra salute in attesa di tempi migliori?
Il mio saluto è intriso di fiducia, perché sono sicura che la fine di tutto non sia lontana. È ormai certo che arriverà un vaccino entro pochi mesi, a mio avviso sarà quella la vera svolta. Noi non dobbiamo far altro che aspettare mantenendo il self control, cercando di vivere una vita normale per quanto possibile e affidarci al nostro senso di responsabilità per proteggerci e proteggere gli altri. È un discorso che vale per tutti, docenti, alunni e genitori. Non rispettare le regole o minimizzare è l’atteggiamento più pericoloso un wursts fase, secondo me. Sono un’insegnante di inglese e, per chiudere questa piacevole conversazione, prendo in prestito una frase dell’eterno William Shakespeare: Non è nelle stelle che è conservato il nostro destino, ma in noi stessi.
A cura di Paola Gallese
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