Da qualche mese seguivo la pagina Facebook “TV dei Ricordi. Terapia non farmacologica per malati Alzheimer”. Amministratore Claudio Scalzo musicoterapeuta, responsabile dei suoi progetti di animazione presso una struttura socio sanitaria. L’ho contattato per avere delle informazioni e, un po’ alla volta, ci siamo presentati e abbiamo parlato dei nostri progetti: diversi per percorsi di studi e personali, ma simili nell’intento.
Sin dall’inizio nei messaggi di Claudio c’era un qualcosa di “strano” che non riuscivo a decifrare, del tipo: “sono fiero dell’uomo che sono diventato” “a ognuno il suo ruolo” “con tutto quello che ho passato nella vita” … Poiché che sono un po’ impicciona, per farmi un’idea più chiara di chi fosse il mio interlocutore ho cominciato a porgli delle domande. Claudio si è fidato (e lo ringrazio per questo), si è aperto e mi ha raccontato parte della sua storia.
È un uomo di quarant’anni con delle difficoltà che riconosce, non si nasconde dietro un dito. Mi spingo oltre, faccio ancor di più la parte della ficcanaso e gli chiedo se vuole raccontare la sua storia ad AbruzzoinArte. Accetta subito e volentieri.
Sinceramente non avevo molti dubbi a riguardo e so che sarà un lungo raccontarsi, così gli dico “metti tutto nero su bianco, poi lo sistemiamo”. Arriva il materiale: otto pagine. Ha (dettagliatamente) raccontato il suo percorso, il suo dolore, le sconfitte, i traguardi, le gioie… Claudio è dislessico ma la dislessia gli viene diagnosticata dopo mille peripezie, mentre i primi problemi sono iniziati già all’ingresso della scuola materna “i miei genitori mi riferiscono che all’età di tre anni ero mancino, sono stato corretto durante la scuola materna e ‘messo’ a destra. In prima elementare sono iniziate difficoltà nella grafia, nella lettura e nel calcolo. I miei genitori fortunatamente mi hanno sorretto in questi problemi. All’inizio degli anni ’80 ho fatto indagini presso istituti sanitari che non hanno prodotto nessuna diagnosi specifica: unico suggerimento un programma scolastico facilitato.” “Lo sport, fino ai 22 anni, è stato per me una palestra di vita che ha compensato le conseguenze emotive degli insuccessi scolastici”.
Queste sono solo le prime righe delle otto pagine, verso un mondo inadeguato a supportarlo ma capace di alimentare le difficoltà. Claudio è un uomo orgoglioso dei suoi traguardi, del diploma preso a tarda età (22 anni) dopo aver cambiato percorso di studio (da un istituto professionale per elettricista, della durata di cinque anni, non terminato, a un istituto a indirizzo sociale iniziato a 18 anni) e grazie all’aiuto di alcuni insegnanti che hanno preso a cuore la sua situazione.
Al terzo anno del nuovo percorso scolastico una professoressa lo indirizza presso una struttura e scopre i motivi delle sue difficoltà. Dopo tutti gli accertamenti del caso ha finalmente la diagnosi: dislessia. Mi ha parlato di un percorso pieno di rinunce, di “lascia stare” di “malgrado mi impegnassi proprio non riuscivo”, così come ha fatto nomi e cognomi di insegnanti, professori, dottori che lo hanno aiutato, incoraggiato e che ancora lo sostengono (in particolare il dottor Francesco Salerno, direttore sanitario della Casa dell’anziano di Carugate). Mi ha anche confessato il suo più grande rammarico “ho quarant’anni e non ho ancora in mano la mia vita”. Attualmente è impegnato a far sì che il progetto “TV dei Ricordi” raggiunga più RSA e istituzioni possibili e ovunque ci siano caregiver, così che il progetto non sia più un fine ma uno strumento terapeutico.
Leggere le otto pagine ha fatto sentire me inadeguata. Oramai ogni giorno si celebra qualcosa, non bastano più i 365 giorni, “festeggiamo la giornata della consapevolezza…” ma non siamo ancora davvero consapevoli di quanto sia inadeguato il mondo.
A cura di Paola Gallese
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